Tutti i Vincitori del Photocontest di ImagO 2024.

Abbiamo il piacere di annunciare i nomi dei vincitori del Concorso Fotografico di ImagO 2024.

I vincitori sono stati annunciati, alla presenza dei giudici, sabato 11 maggio durante la serata di premiazione alla Polveriera Guzman.

Tutte le opere dei finalisti saranno esposte a partire da sabato 11, contestualmente alla premiazione dei vincitori e resteranno visibili fino a domenica 19 Maggio con ingresso libero ogni giorno dalle 17.30 alle 21.30.

Grazie a tutti i partecipanti e ai giudici di quest’anno per l’ottimo lavoro svolto.

Categoria Paesaggio

Categoria Ritratto

Categoria Street Photography

Categoria Progetto

Primo Classificato Andrea Agostini | Nòstos (Il ritorno)

Questo è il racconto di un ritorno alle origini. Un viaggio attraverso i ricordi di un’infanzia abbandonata, dove cioè che rimane di volti e luoghi oscuri viene rielaborato dal potere dell’immaginazione. È la ricerca delle tracce di un passato involuto, di quei fantasmi che ancora sussurrano tra le pieghe della memoria: attingendo ad un bagaglio di sogni, suggestioni ed emozioni sopite, l’autore riscopre quella poesia che non era in grado di vedere quando era giovane, arrabbiato e cieco. E così si creano nuovi equilibri tra uomo e natura, tra spazi e visioni che non sono più inquietanti: sono semplici frammenti di una storia che continua a vivere.

Sono nato in un piccolo paese immerso nella nebbia della pianura padana, dove la vita per un adolescente non è così semplice. A dicioto anni ho deciso di andarmene: sognare in grande nascosto nella sala di un piccolo cinema locale non bastava a colmare quel vuoto.
E così mi sono trasferito a Roma, dove ho ricominciato da zero. Ma la nebbia era sempre lì, in fondo ai miei pensieri, a ricordarmi ogni giorno da dove venivo. Nel 2020 la pandemia mi ha costreto a tornare al mio paese, dove ancora vive la mia famiglia. E così ho trascorso gli ultmi anni vagando per le campagne, i vicoli e i corsi d’acqua, esplorando luoghi oramai dimenticati, riavvicinandomi a coloro di cui avevo scordato il volto e il nome. Mi sono lasciato travolgere da una natura onnipresente ed ingombrante che non avevo mai compreso fino in fondo, spaventato dall’idea che sollevasse domande alle quali non ero in grado di rispondere.
Mi sono deto: “Ritrova quella bellezza che non hai intravisto quando eri giovane, arrabbiato e cieco”. Ma come raccontare una terra (una vita) rinnegata così a lungo? Come riavvicinarsi a qualcosa da cui si è fuggiti
Ho trovato una sola risposta: reinventandola. Attingendo a quel bagaglio di sogni, suggestioni ed emozioni sopite. Creando nuovi equilibri tra uomo e natura, tra spazi e visioni.
Superare i confini del mio paese e trasformarlo in un luogo/non luogo, dove il personale diventa universale.
Tornare alle origini ma senza vie di fuga, stavolta.

Categoria Progetto

Secondo Classificato Carlo Traini | PRO*MEN*ADE

Promenade nasce dopo il mio incontro, nel 2019, con Larry Fink. Prima di allora non credevo di aver mai fotografato persone; lui mi fece scoprire che ciò non era vero, mostrandomi l’Umanità presente nelle mie fotografie.

Grazie a questa nuova consapevolezza ho scoperto e fotografato il lirismo umano che abbraccia l’ironia e i pensieri dei protagonisti delle mie immagini, condensando tutte queste emozioni in ogni scatto. Da tale “frequentazione” ha origine questo progetto intitolato: Promenade, pathos e ironia in costume.

La continua osservazione mi consente di cogliere il pathos umano e al contempo la vena ironica che
sganghera le maglie del “già noto” e si apre all’inaspettato. In Promenade ci sono corpi e rivoluzioni, ironia e allegrezza, gesti di genti, tutto con sempre l’essere umano al centro. Tutto questo riassume il mio afflato tutto proteso alla cura dell’uomo, rivolto alla complessità di cui è fatta la natura umana.

Promenade è un “tassello necessario” per fissare il valore della memoria sulle cose impercettibili, per sopravvivere all’indifferenza del tempo che spiana ogni emozione. Per la loro natura, le immagini “chiedono” di essere inquadrate in un discorso di fotografia umanistica. Quel che le rende particolari, in definitiva, è la simbiosi fra i concetti che mi muovono a scattare e la mia capacità di ridefinire il concetto di “bello”.

In Promenade, le persone non sono trattate semplicemente come oggetti in una scena; al contrario, le mie foto sono catturate quando sento che questi soggetti esprimono il loro io più naturale, comune, quotidiano, un momento solitamente ritenuto non degno di attenzione dai più, forse anche per distrazione. Tutte le mie ispirazioni nascono dalla mia attenzione per l’Uomo e per la complessità intrinseca della sua natura. Questa raccolta di immagini ha lo scopo di ricreare il mio album di famiglia che non ho, relativo al periodo dell’infanzia e dell’adolescenza più felice e serena: quando tutta la famiglia era al mare. Ecco perché con ognuna di esse cerco di fissare la memoria su cose impercettibili, per farle sopravvivere all’indifferenza del tempo, livella di tutte le emozioni.

In quanto lontani e flebili ricordi richiamati alla memoria, da qui la necessità di un bianco e nero contaminato da nuance e imperfezioni riproducibili solo con una stampa a colori in fine art su carta Baryta Satin 300gr. Hahnemühle.

Categoria Progetto

Terzo Classificato Alex Liverani | Pamela

Lungo la via Emilia, all’ingresso di Faenza, città dove sono nato e tuttora vivo, trova spazio il Pamela, un locale da ballo storico, luogo di culto mondano e di perdizione notturna. Lì è iniziato il mio viaggio nelle balere per anziani, sale da ballo, grandi o piccole, raffinate o un po’ volgari, tradizionali o moderne, che costellano le nostre campagne e le nostre città. Luoghi simili, ma diversi, ognuno con il proprio carattere e la propria essenza, una molteplicità di spazi che fanno da cornice ad un’altrettanta molteplicità di passioni.
Ambienti modesti, a volte sfarzosi, lievemente rétro e al limite del kitsch; luoghi di esplorazione, seduzione e conquista. Frequentati da coppie, da amanti, da vedovi o vedove, da incalliti scapoli o da estroverse zitelle; tutti si recano in questi ambienti settimana dopo settimana, anno dopo anno, per ballare con piacere fino allo sfinimento. Colori sgargianti, vestiti improbabili, divanetti soffici in vinil-pelle, zazzere ardite, scarpe
camaleontiche, cocktail malinconici, baffoni bizzarri, corpi desideranti e galli da rimorchio.
Qui si ripete una routine forse scontata ma altrettanto rassicurante fatta di riti quotidiani in un mondo che va scomparendo e che merita attenzione prima che esso possa estinguersi.
La sensazione che spesso colpisce a tradimento, perché inizialmente occultata dall’allegria della musica e dalla determinazione dei presenti a divertirsi, è una diffusa malinconia.
Ho incontrato Ettore, amante delle camicie eccentriche, rimasto vedovo per ben due volte e mi ha confidato che frequentava la sala da ballo tutti i Mercoledì sera e Domenica pomeriggio, per ricominciare a vivere e per poter avere quelle tre/quattro ore di oblio e di serenità almeno un paio di volte alla settimana.
Alina e Giovanni si sbaciucchiano sui divanetti della balera come due giovani innamorati. A loro del ballo importa poco o nulla, in questo luogo possono vivere il loro amore lontano dagli occhi indiscreti e giudicanti dei propri famigliari che sin dal primo momento hanno mal accettato la relazione tra il “ nonno “ e la badante.
Rosa è un’habitué del Dancing Orchidea di Ronta di Cesena, si siede sempre nello stesso divanetto, nella prima fila al margine della sala da ballo principale. Non vedendola mai ballare e osservando i continui rifiuti a galanti cavalieri che la invitavano in pista, le ho chiesto quale fosse il motivo. Il suo ballerino era e resterà sempre il povero Vittorio, scomparso ormai da tre anni a causa di un male incurabile. Nessuno potrà mai sostituirlo, ma recarsi ogni settimana alla balera le da la sensazione di continuare a condividere con lui le loro abitudini.
Ho conosciuto Alfio all’Euroclub Dancing di Savignano sul Rubicone. E’ stato per anni un direttore d’orchestra, oggi però è completamente sordo e con evidenti disfunzioni motorie.
Per lui guardare la gente ballare significa ascoltare la musica.
Se si dedica un po’ di attenzione all’ascolto delle persone, con cui si sta interagendo, si scoprono bisogni profondi di comunicazione, di riconoscimento di sé e di attenzione, bisogni che sembrano essere sostanzialmente disattesi nelle relazioni quotidiane e nella vita normale.
Si sa che è più facile lasciarsi andare con chi non si conosce, con chi probabilmente non si incontrerà più.

Categoria Progetto

Menzione Speciale Stefania Carraturo | Here Comes The Sun

La sindrome di Down è una condizione genetica legata alla presenza di una terza copia del cromosoma 21. Non è una malattia, né può essere curata, è una caratteristica della persona che l’accompagna per tutta la vita. Ma non l’unica. Si unisce all’ironia, alla capacità di non prendersi sempre sul serio, alla spontaneità di esternare emozioni e affettività.
In questi ultimi decenni molte cose sono cambiate, dall’aumento delle aspettative di vita, alla possibilità di istruirsi, crearsi una propria famiglia e ambire ad un posto di lavoro. I dati stimati, però, non sono ancora soddisfacenti. Se confrontiamo quelli forniti dall’European Down Syndrome Association (EDSA,2018), in Italia solo il 13% delle persone affette da trisomia 21 lavora regolarmente.
Tra questi, i ragazzi de La Locanda dei Girasoli, lo storico ristorante romano del Quadraro –quartiere della periferia est della capitale – che permette, attraverso l’inserimento attivo, il riconoscimento di un ruolo nella società. Ed è proprio qui, dove si sentono “famiglia”, che questi ragazzi danno libera espressione alla loro unicità e identità. Per due anni questo ambiente intimo ed accogliente ha rappresentato lo spazio dove fotografare le dinamiche di routine lavorativa, i momenti di connivenza e le manifestazioni di affetto. I ragazzi diventano, così, delle sinestesie narranti un mondo amicale dal quale – come i girasoli – traggono energia vitale e verso il quale tendono il loro volto puro.
La Locanda dei Girasoli è attiva dal 1999 nonostante nel corso della sua storia abbia dovuto affrontare numerose difficoltà. Grazie all’impegno e alla dedizione dei ragazzi, ma anche al supporto di numerosi sostenitori, è riuscita sempre a garantirsi l’autosufficienza. Le varie chiusure forzate legate all’emergenza da COVID-19 e le nuove misure adottate hanno causato l’ultimo duro colpo all’attività. Dall’11 gennaio le serrande della Locanda si sono chiuse e con esse i sogni dei ragazzi. Dopo mesi di trattative con le istituzioni l’ex presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, ha consegnato “virtualmente” le chiavi di un nuovo locale al responsabile della Cooperativa Sociale Sintesi ma le spese per la riabilitazione ad uso ristorativo dello spazio concesso erano troppo eccessive per poter effettuare la ristrutturazione. Ad oggi la Locanda per sopravvivere si occupa di catering su richiesta pubblica e privata nella speranza di poter ritornare nuovamente attiva e solidale.
Here comes the sun è un progetto a lungo termine, nell’ambito del sociale, iniziato nel dicembre 2019.

Categoria Progetto

Menzione Speciale Valerio Di Mauro | Arance Amare

In alcune vie di Palermo, delle Arance splendide per forma e colore, una volta mature, cadono dagli alberi imbrattando le strade di rosso.

Quando le vidi, mi domandai perchè nessuno le raccogliesse.

Poi appresi che si trattava di Arance Amare.
Non commestibili. O più precisamente troppo Amare per essere mangiate senza alcun trattamento.

Palermo è come le sue Arance.

Non fa nessuno sforzo per mostrarsi migliore.

Ciò che la rende di un’inestinguibile bellezza o di un indecente degrado, te lo sbatte in faccia senza nessun pudore.

E, come per le Arance,
per Amare Palermo senza compromessi
devi fare un lungo trattamento.
Su te stesso.

Scopri tutti i finalisti del Photocontest di ImagO 2024

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