In occasione dell’apertura della stagione 2016, in collaborazione con Galleria Ceribelli e Libreria Bastogi, ImagOrbetello presenta una mostra/omaggio al grande fotogiornalista recentemente scomparso.

Mario Dondero, uno fra i più importanti reporter italiani del dopoguerra, è stato uno straordinario testimone della nostra epoca; ha ritratto personaggi fondamentali e raccontato eventi politici, storici e culturali per molte tra più importanti testate nazionali e internazionali.”

La mostra fotografica, ad ingresso gratuito, sarà aperta da Sabato 26 Marzo a Domenica 10 Aprile, dalle 17.30 alle 21.00 ad Orbetello, presso la sala espositiva ex Frontone, in Piazza Duomo.

Chiunque si sia trovato ad accompagnare Mario Dondero per un tratto della sua vita, per quanto breve possa essere stato, lo avrà visto socchiudere gli occhi e intonare Teresa di Sergio Endrigo o Ma l’amore no di Alberto Ravagliati o qualche altra hit da chansonnier d’oltralpe, lo avrà sentito passare da un aneddoto a un altro come un affabulatore d’altri tempi, lo avrà visto imbracciare la fedele Leica a sorpresa e guardare nell’obiettivo con un’inconfondibile mimica facciale, pronto a fermare l’attimo di due galline in un pollaio così come avrebbe fatto con Reagan e Gorbaciov ai tempi della distensione nucleare.
Sarà rimasto sorpreso nel vederlo appassionarsi a cause strampalate o soffermarsi a discutere con interlocutori occasionali, o ancora intento a regalare un libro o una sua foto al cuoco di un ristorante o a una persona appena incontrata. Sarà stato a sua volta immortalato in un fermo immagine di cui perderà ogni traccia.

Dondero era nato il 6 maggio del 1928 a Milano, ma era di origine genovese. Da adolescente, durante la guerra, aveva partecipato alla Resistenza nel nord dell’Italia. Subito dopo iniziò a collaborare con diversi quotidiani, come L’Unità, L’Avanti, Milano Sera, il Manifesto, o ancora la rivista L’Ora, che riprendendo una frase del filosofo Walter Benjamin aveva lanciato lo slogan “una fotografia vale 1000 parole”: «Ho sempre creduto che non sarei stato capace di fare le foto, nemmeno di caricare la macchina fotografica. E poi pensavo alla scrittura, ero quasi sicuro che avrei seguito l’iter abituale dei reporter: cronista, poi gli elzeviri, la terza pagina, fino al caporedattore. Invece mi ha conquistato la libertà del fotografo, la solitudine, l’intimità con le persone che raramente un giornalista raggiunge. Il fotografo è in movimento, va in giro per il mondo».

Nel 1955 Dondero si era trasferito a Parigi, dove aveva continuato a collaborare sia con la stampa italiana (L’Espresso e Epoca, tra gli altri) sia con quella francese (Le Monde, Le Nouvel Observateur). In Francia scattò una delle sue fotografie più famose, quella degli scrittori del “Nouveau Roman”, corrente letteraria nata negli anni Cinquanta, dove comparivano Alain Robbe-Grillet, Claude Simon, Claude Mauriac, Jérôme Lindon, Robert Pinget, Samuel Beckett, Nathalie Sarraute e Claude Ollier. In quegli anni cominciò a lavorare anprima1che con diverse riviste dedicate all’Africa per cui realizzò diversi reportage. Viaggiò anche in America Latina, a Cuba, in URSS e poi più di recente in Canada (2000), Afghanistan (nel 2004 con Emergency) e Russia (2006).

Fu amico e ritrasse importanti scrittori, artisti, attori e intellettuali, tra cui Pablo Picasso, Man Ray, Francis Bacon, Alberto Giacometti, Giuseppe Ungaretti, Maria Callas, Yves Montand, Serge Gainsbourg, Juliette Greco, Orson Welles, Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Luchino Visconti, Pier Paolo Pasolini, Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Michel Foucault, Günther Grass, Pablo Neruda, Gabriel Garcia Marquez, Jorge Amado, Jean Genêt, Daniel Pennac, Elsa Morante, Alberto Moravia, Françoise Sagan.

Parigi nel 2006, Bruxelles nel 2009 e Londra nel 2011, tra le mostre recenti più importanti.

Da “Il Post, 14 dicembre 2015”

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